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In nome del Popolo Italiano
La Corte d'Appello di Genova sezione per le controversie in materia di lavoro
Riunite in camera di Consiglio nella persona dei Sigg. magistrati
Dott. Giovanni Russo Presidente
Dott. Giuseppe Diomeda Consigliere
Dott. Maria Gavina Meloni Consigliere Reg.
Ha pronunciato la seguente sentenza
Nella causa in grado d'appello promossa da:
Ministero della Sanità, in personale del Ministro pro tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale della Stato di Genova, presso i cui uffici è domiciliato in Viale Brigate Partigiane, 2
Appellante
Contro xxxxxxx xxxx elettivamente domiciliato in Rapallo, presso l'Avv. Laura Bartolini che lo rappresenta e difende unitamente all'Avv. Franco Guidoni di Verona, per procura a tergo del ricorso di primo grado.
Appello
Conclusioni
Appellante:
"la Corte Ill.ma voglia …. Reictis contrariis, in accoglimento del proposto appello in via principale per il primo e/o il terzo motivo di appello integralmente riformare la impugnata pronunzia respingendo l'originaria domanda del Sig. XXXXXXX.
In via del tutto subordinata modificare la pronunzia impegnata riconoscendo la decorrenza della provvidenza del primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda.
Il tutto con compensazione delle spese di giudizio di entrambi i gradi.
Appellato
"respingersi l'interposto appello con riferimento al primo ed al terzo motivo di gravame; riconoscersi invece inesatta la determinazione in sentenza della decorrenza in indennizzo (come da Secondo in subordine motivo d'impugnazione), in quanto la medesima va individuata nel primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda in via amministrativa (art. 2 L. 210/92).
In ogni caso: riconoscersi il diritto all'indenizzo dell'appellato nella misura minima tabellare prevista dalla legge n° 210/92 e successive modifiche.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato il 27/7/98 XXXXXXXXX ricorreva al Tribunale di Chiavari per sentire dichiarare il proprio diritto al conseguimento dell'indennizzo di cui alla legge 210/92, nella misura prefissata nelle tabelle allegate alla legge - in relazione al tipo o classi di patologia - con decorrenza dal momento dell'insorgenza, con conseguente condanna del Ministero della Sanità a corrispondergli l'assegno.
Affermava il ricorrente:
di essere stato degente nel periodo ottobre novembre 1991 presso una struttura ospedaliera pubblica, di aver subito durante il ricovero numerose emotrasfusioni, di avere effettuato
successivamente alla dimissione esami sierologici di controllo in data 16/3/92, all'esito dei quali era risultato avere contratto epatite virale, risultati confermati in successivi esami nel 1994;
di presentare attualmente sintomatologia tipica di epatite virale cronica, derivata dalle trasfusioni;
di avere presentato nell'aprile 1996 al Ministero della Sanità domanda per ottenere l'indennizzo di cui alla legge 210/92, ma di essersi sentito rispondere che la domanda era stata presentata oltre i termini di legge.
Sosteneva il ricorrente che il termine triennale per proporre la domanda in sede amministrativa - decorrente dalla data di conoscenza del danno - prevista dalla legge 238/97, non era applicabile al sua caso in quanto detta legge - priva di effetto retroattivo - era stata emanata in epoca successiva a quella in cui aveva presentato la domanda.
Di conseguenza riteneva di doversi applicare unicamente la legge 210/92, che non prevedeva alcun termine perentorio per la presentazione della domanda concernente l'indennizzo derivante dal danno irreversibile da epatite post-trasfusionale.
Con memoria depositata il 22.12.98 si costituiva il Ministero, sostenendo che, ai sensi dell'art. 3 L. 210/92, la richiesta di indennizzo, per la patologia "epatite trasfusionale", doveva essere effettuata entro 3 anni dalla conoscenza della medesima, termine che non era stato rispettato.
Affermava che tale interpretazione aveva trovato conferma nella circolare esplicativa del Ministero n. 900 del 1996, diramata alle commissioni mediche e alle USL.
In subordine, riservava la contestazione del nesso causale e la ascrivibilità a tabelle del danno epatico.
L'esperita ctu evidenziava sussistere nesso di casualità tra le trasfusioni e la malattia e conseguente danno irreversibile, reputato lieve ma passibile di aggravamento: il Tribunale, recependo le suesposte conclusioni, accoglieva il ricorso, condannando il Ministero alla corresponsione dell'assegno dalla data di insorgenza della patologia.
Quanto alla asserita decadenza, affermava il giudice di prime cure che il termine perentorio di tre anni, di cui all'art. 3 c. 1 L. 210/92 nella originaria formulazione, andava riferito ai soli casi di vaccinazione, nulla prevedendo quanto alla patologia "epatite post trasfusionale".
Detta patologia, invece, era, espressamente prevista all'art. 1 c. 9 L. 238/97 - che aveva modificato l'art. 3 suddetto - ove veniva indicato che, sia per i casi di danni derivati da vaccinazioni obbligatorie che per quelli derivati da epatiti post trasfusionali, il termine triennale decorreva dal momento in cui l'avente diritto aveva avuto conoscenza del campo, sulla base della documentazione di cui ai c. 2 e 3 L. 238/97.
Affermava ancora il tribunale che la legge del 1997 era entrata in vigore successivamente alla presentazione della domanda in via amministrativa, e che perciò il termine triennale in essa previsto non era applicabile al caso di specie.
Con ricorso depositato il 9.2.2000 proponeva appello il Ministero, ribadendo quanto già sostenuto in primo grado quanto alla tardività della domanda.
In subordine, quanto alla decorrenza del beneficio, affermava che l'art. 2 L. 210/92 - che prevedeva la decorrenza dell'indennizzo de quo dal primo giorno del mese successivo alla preposizione della domanda - non era stato modificato dalla successiva legge: il beneficio della decorrenza più favorevole, cioè dalla data di insorgenza della patologia, così come previsto dall'art. 1 c. 2 238/97, trovava applicazione nei soli casi di danni da vaccinazione obbligatoria.
Infine, rilevava l'appellante che il tribunale aveva omesso di indicare la categoria tabellare alla quale ascrivere la patologia (definita lieve dal ctu) e sosteneva che pertanto il danno non era indennizzabile, in quanto non suscettibile di valutazione tabellare.
Lo xxxxxxx si costituiva, condividendo le argomentazioni della sentenza in punto decadenza della domanda, pur riconoscendo errore del giudicante nella decorrenza del beneficio.
Quanto alla asserita omessa indicazione della categoria tabellare, essa era desumibile per relationem dalle tabelle allegate alla legge, quantomeno nella misura minima tabellare.
Con appello incidentale, chiedeva inoltre il ricorrente determinarsi in misura superiore al minimo l'importo dell'indennizzo, a causa di aggravamento della patologia.
All'odierna udienza l'appellato - su richiesta della Corte - affermava di non aver provveduto a notificare la memoria contenente l'appello incidentale, del quale, pertanto, si rilevava l'improcedibilità.
I difensori delle parti illustravano le rispettive difese, insistendo come in atti: in particolare, il difensore dell'appellato depositava raccomandata inviatagli dal Ministero della Sanità e pervenuta il 20.4.2000 - nella quale testualmente veniva comunicato "esiste nesso causale tra la trasfusione e l'infermità: epatopatia cronica HCV correlata, ascrivibile alla ottava categoria della tabella A allegata al DPR 30.12.1981 n.834…
La domanda non è stata presentata nel termini di legge" - nonché prospetto degli importi degli indennizzi inviatogli dal Ministero del Tesoro.
La Corte pronunciava la presente sentenza dando lettura del dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello è infondato quanto alla domanda principale, mentre deve essere accolta la domanda subordinata.
Condivide infatti la Corte le conclusioni del tribunale in relazione alla disciplina applicabile al caso di specie.
Infatti, all'epoca della presentazione della domanda amministrativa era vigente la L. 210/92 che, pur disponendo all'art. 1 c. 3 "i benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post trasfusionali", tuttavia non indicava, per coloro che fossero affetti da detta patologia, il termine perentorio entro il quale dovevano presentare domanda.
Diversamente prevedeva detta legge il termine di tre anni presentare la domanda di indennizzo per le patologie derivanti da vaccinazione obbligatoria e di dieci anni per infezioni da HIV.
E' ben vero, come afferma l'appellante, che la successiva legge 238/97 ha previsto un termine perentorio, di tre anni - pari a quello previsto per i casi di lesioni o infermità causate dalle vaccinazioni - decorrente dalla data di conoscenza del danno da parte dell'avente diritto (sulla base di specifica documentazione), ma è altrettanto vero che detta legge nulla dispone per il passato: pertanto, può trovare applicazione soltanto quanto alle domande non ancora proposte all'epoca dell'entrata in vigore, e non certamente quanto a quelle che, nella vigenza della L. 210/92, erano state tempestivamente formulate.
D'altra parte, non può analogicamente estendersi alla fattispecie non compresa nel dettato normativo il termine prescrizionale dettato per casi diversi.
In mancanza, dunque, di specifiche disposizioni, deve intendersi che, quanto alla patologia in questione, trovasse all'epoca applicazione l'ordinario termine di prescrizione decennale.
La domanda di indennizzo, pertanto, è tempestiva, e la sentenza deve essere confermata in questa parte.
Quanto alla decorrenza del beneficio, il tribunale è incorso in errore poiché sulla base dei principi generali, nonché della espressa previsione normativa contenuta nella L. 210/92 e successive modificazione, l'indennizzo ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa.
Quanto, infine, alla asserita omissione dell'indicazione della categoria tabellare alla quale ascrivere la patologia dalla quale è affetto lo xxxxxxx, si rileva che il tribunale, sia nella motivazione che nel dispositivo ha espressamente menzionato, quale parametro dell'indennizzo, le tabelle allegate alla L. 210/92 e successive modifiche; inoltre la lettura del documento prodotto dall'odierna udienza - proveniente dallo stesso appellante - consente di superare nel concreto la questione, in quanto il Ministero indica con precisione in quale tabella e categoria rientra la patologia del quo.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo vengono poste a carico dell'appellante
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull'appello proposto contro la sentenza emessa in data 27.10.1999 dal tribunale di Chiavari in parziale riforma della sentenza impugnata, determina la decorrenza dell'indennizzo dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda amministrativa, indennizzo previsto dalla Cat. 8° della tabella A allegata al D.P.R. 834/81.
Conferma nel resto l'impugnata sentenza.
Condanna l'appellante alla rifusione delle spese di questo grado, che si liquidano in L.20.000 per esborsi, L. 1.000.000 per diritti, L. 3.000.000 per onorari, oltre IVA e cpa.
Genova 21.04.2000
Depositato in cancelleria il 3 maggio 2000
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