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CARDIOLOGIA FESTEGGIA I PRIMI QUARANT’ANNI

di Elena Zuppini

Quarant’anni fa il 40 per cento dei pazienti colpiti da infarto miocardico acuto moriva. Oggi la media è crollata al 5 per cento, 1-2 per cento per i più giovani. In questi quattro decenni si sono succeduti tutti i progressi della Cardiologia moderna e con essi la storia della Cardiologia di Verona, da sempre un centro di eccellenza per la «medicina che studia e cura il cuore». Nel 1968 era solo un'Unità coronarica, voluta ad ogni costo dal compianto professor Arrigo Poppi, che portò in riva all'Adige l'esperienza dei grandi centri europei. Due stanze con sei pazienti, monitorizzati costantemente, e assistiti da una sorta di «vestali», giovani infermiere scelte per la loro capacità di sostenere le situazioni di crisi. Vivevano con l'ammalato giorno e notte, quasi come il loro primario che aveva fatto di un locale di fronte allo studio medico la sua camera da letto.
Poco dopo nacque il reparto - prima la Cardiologia era un settore della Medicina interna - quando in Italia sola mente Milano aveva avviato l'attività specialistica. In quegli anni cominciava la sua storia di medico il professor Corrado Vassanelli, tornato tra quelle stanze nel 2004 come direttore dell'Unità operativa di Borgo Trento. Ricorda il suo maestro - scomparso nel 1982 a soli 71 anni, quando ancora era a capo del reparto - «un cardiologo geniale e assolutamente anticonformista: a lui si deve praticamente la scrittura della legge che, proprio nel 1968, costituiva il primo provvedimento organico di riordino del sistema ospedaliero».
«Solo con la costituzione dell'Unità coronarica dove solamente s'interveniva sui pazienti ogni volta che sopraggiungeva una complicanza - spiega Vassanelli - la mortalità per infarto miocardico era scesa dal 40 al 30 per cento. Ma la svolta fondamentale è avvenuta con l'introduzione, negli anni Settanta, prima di protocolli standardizzati di cura e poi di farmaci fibrinolitici, fondamentali per lo scioglimento del trombo responsabile dell'infarto. La mortalità si è abbassata ulteriormente al 10-15%».
Negli Stati Uniti era nata la coronarografia e alla fine degli anni '70, l'angioplastica, un intervento mini invasivo capace di liberare l'arteria ostruita. Tutte tecniche di Cardiologia interventistica e di terapia intensiva coronarica applicate a Verona in pochi anni, grazie alla competenza di medici come Carlo Bonanno, Pasquale Porciello e Paolo Nidasio.
«Non solo - sottolinea il direttore -: il fatto che la Cardiologia scaligera fosse leader in Italia nell'esecuzione della coronarografia, quindi dello studio delle arterie, ha dato un grande impulso alla Cardiochirurgia».
Verona è stata anche la prima in Italia ad applicare mezzi di assistenza al cuore per migliorarne il funzionamento e a inserire per via percutanea, non chirurgica, delle turbine intra-cardiache. La direzione, per 24 anni, del professore Pierino Zardini ha consolidato l'eccellenza del reparto e ha sviluppato lo studio dello scompenso cardiaco e della diagnostica non invasiva, come l'ecocardiografia.
C'è molto da festeggiare quindi per questo quarantesimo compleanno. Ma il bilancio sul passato si sovrappone inevitabilmente alle prospettive per il futuro.
«Continuiamo il nostro impegno per lo sviluppo della “rete del cuore" - prosegue Vassanelli - un collegamento sinergico tra le Cardiologie del territorio per far sì che i pazienti colpiti da infarto giungano nel minor tempo possibile nelle strutture ospedaliere più adatte alla gravità del loro caso. Inoltre - conclude - saremo presto pronti per praticare la sostituzione percutanea della valvola aortica, una tecnica necessaria per la cura di una patologia sempre più diffusa (la stenosi ao rtica) a causa dell'aumento dell'età dei pazienti che molto spesso non in grado di subire un intervento chirurgico».

L’Arena 15 ottobre 2008