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LA RICERCA –
INDAGINE DI «ALTROCONSUMO»
I farmaci, la liberalizzazione e i
prezzi aumentati dell’8,7%
Le stesse pillole, in diversi
punti vendita, costano 4 o 9 euro
MILANO — «Quando Giulia esce di
casa lo fa senza prendere il post-it che ha appeso sul frigo per ricordarsi di
comprare tre farmaci: Tachipirina, Tantum Verde e Aspirina. La sua memoria si
accende però davanti alla vetrina della farmacia, così entra per fare acquisti.
Andrea, prima di andare al lavoro, vede il post-it e lo mette in tasca: c’è una
farmacia accanto al suo ufficio e non sarà certo un problema passarci». Inizia
così, con la storia di una coppia di coniugi di Roma, il resoconto dell’ultima
indagine di Altroconsumo mirata a misurare gli
effetti della liberalizzazione dei farmaci. Perché la sintesi dei tre anni di
nuova concorrenza sta tutta negli scontrini di Giulia e Andrea. «La sera, marito e moglie, si ritrovano a casa con una spesa
doppia e sorridono dell’accaduto. Finché non confrontano i conti: Giulia ha
speso 13 euro e Andrea 17,90. Com’è possibile che ci siano 5 euro di differenza
sul totale? Eppure hanno comprato i medesimi medicinali».
«Liberalizzazione zoppa»
La storia-esempio si presta a due letture. «Una positiva,
la liberalizzazione esiste: più punti vendita extrafarmacia, più prezzi in
concorrenza anche nello stesso canale di vendita», spiega Laura Filippucci, responsabile dell’indagine di Altroconsumo. «L’altra negativa, la liberalizzazione esiste
ma è zoppa ». Colpa della mancata informazione: «La caccia al risparmio è
un’operazione che si fa a occhi chiusi, i prezzi variano di parecchio — anche
del 59% da farmacia a farmacia, dove una confezione di Supradyn
può costare 5 o 9 euro — ma riuscire a sfruttare gli effetti buoni della
liberalizzazione è un terno al lotto». Colpa dei rincari: «I prezzi hanno subito
aumenti nettamente superiori all’inflazione». Colpa della geografia-offerta del
cosiddetto «extra canale»: «In crescita ma comunque pochi e mal distribuiti i
corner salute negli ipermercati e le parafarmacie ».
L’indagine e i numeri
Altroconsumo ha visitato 128 punti
vendita (96 farmacie, 17 parafarmacie e 15 ipermercati) distribuiti in dieci
città: Milano, Roma, Torino, Napoli, Genova, Verona, Bologna, Firenze, Bari e
Palermo. In ciascuno di questi ha registrato i prezzi di 68 farmaci senza
obbligo di prescrizione medica (tra i più utilizzati). Quindi ha iniziato il
confronto tra gli oltre ottomila dati raccolti e li ha incrociati con i numeri
Nielsen sullo sviluppo del mercato. Prima valutazione: «Salvo
spiacevoli stop — il ddl Gasparri-Tomassini potrebbe
consentire alle parafarmacie, senza farmacista, solo la vendita di mini- confezioni
— lo scenario sembra destinato a mutare in positivo, seppur lentamente. I
primi segni ci sono», afferma la responsabile dell’indagine.
Il primo: «I punti vendita diversi dalle farmacie sono passati nell’ultimo anno
da
Variazioni fino al 60%
I farmaci da banco più a buon mercato si trovano nei
corner degli ipermercati: «Costano il 17% in meno rispetto alle farmacie e il
13% rispetto alle parafarmacie». Ma le differenze tra punti vendita della
stessa tipologia sono così marcate che non è sempre facile orientarsi: «Nelle
diverse farmacie prese in esame abbiamo registrato variazioni di prezzo
addirittura del 59%, nelle parafarmacie del 41, nei corner degli ipermercati
del 27». Ecco così che da farmacia a farmacia il prezzo di una confezione di
Tachipirina, di Supradyn o di Enterogermina
può variare di quasi o oltre il 70%. Una di glicerolo addirittura del 108%. E
ancora: una confezione di Flunibron la si può trovare
a 7,9 euro (prezzo minimo più economico che in parafarmacia) ma anche a 14,3. «Effetti della liberalizzazione che, senza informazione —
sulle confezioni il prezzo non c’è più e sono pochi i punti vendita che
espongono una lista dei prezzi-offerta — rischiano di essere vanificati. Con
più trasparenza la gente sarebbe davvero in grado di scegliere e i prezzi pazzi
non esisterebbero più», dice Laura Filippucci.
Che prova a spiegare il perché di tali differenze: «Sempre
più spesso anche le farmacie fanno promozioni, c’è poi chi si organizza in
gruppi d’acquisto, chi si appoggia alle offerte di un grossista. Ma oggi oltre
ad applicare un prezzo più basso possono sceglierne uno più alto». Ecco perché:
«Così come si sta attenti al prezzo di un chilo di
pasta, bisogna esserlo anche con il costo dei farmaci. Adesso la possibilità
c’è». Dunque: «Controllare, chiedere (sempre il meno
costoso, non necessariamente il generico), confrontare, cercare».
Aumenti oltre l’inflazione
Anche perché, rispetto all’indagine del 2008, i prezzi
sono notevolmente saliti». Rivelano da Altroconsumo:
«Nelle farmacie l’aumento è stato in media del 4,8%, nelle parafarmacie dell’8,7%
e nella grande distribuzione del 6,1». Primo motivo: «Probabilmente
perché tre anni di varie imposizioni di legge avevano bloccato la crescita
delle tariffe nel settore farmaceutico. E come era prevedibile, tolto il tappo,
i prezzi hanno fatto il botto: gli aumenti sono nettamente superiori all’inflazione».
Secondo: «Da marzo 2008 le case farmaceutiche possono suggerire ai farmacisti
un 'prezzo' indicativo, in alcuni casi più alto (anche
molto più alto) di quello di due anni fa. I farmacisti lo hanno adottato come
prezzo di vendita, cosa che ha fatto registrare rincari del 22%».
Alessandra
Mangiarotti
Corriere della Sera di martedì 8 settembre 2009